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UNA RIFLESSIONE MARZIALE

Perché praticare...

Stavo pensando a quanto tempo è passato da quando ho messo piede per la prima volta in palestra, fino ad oggi
che seppur giovane mi ritrovo già ad insegnare, a trasmettere qualcosa agli altri.
Avevo enorme voglia di imparare, di "sapere" e immediatamente con tanta passione e dedizione intrapresi questo cammino.
Un cammino che gradualmente si è rivelato essere un lungo viaggio, che giorno dopo giorno è diventato parte di me.
Man mano cresceva in me infatti una forte sensazione: quella di essermi così immerso da sentirmi smarrito.
Andavo sempre più realizzando che era un viaggio infinito, qualcosa che mi apparteneva in maniera viscerale.
Oggi posso dire con sincerità che non riesco a immaginare il mio futuro, la mia vita, senza allenarmi.
Ovviamente, può capitare che gli eventi mi possano allontanare per un periodo, momenti in cui la testa o il corpo
non ne vogliono sapere.
Ma che mi piaccia o no, il richiamo diventa sempre fortissimo.
Nel corso di tutti questi anni, sono andato avanti tra successi (per quello che possono valere..) e brutti momenti...
Diversi infortuni, uno dei quali abbastanza grave.
Fu un momento davvero pesante, difficile non solo dal punto di vista fisico ma soprattutto mentale.
I medici consultati mi dicevano che era meglio lasciar stare.. era finita insomma.
Nel tentativo di recuperare parzialmente avevo affrontato mesi e mesi di terapie conservative, continui esami,
un intervento chirurgico..
Tutto inutile: incappavo in continue e dolorose ricadute.
Mi toccava sentirmi ripetere le stesse cose dai medici: "Lascia stare.. fai qualcos'altro, magari qualcosa di meno
pericoloso".
Quelle parole impietose si traducevano in momenti di grande sconforto e profonda delusione.
Perché non volevo rinunciare e come sempre in questi casi, "nessuno riesce a capirci".
Tuttavia ero deciso a non arrendermi..
Grazie alla grande professionalità di un nuovo medico, presi la decisione di affrontare un nuovo intervento chirurgico,
decisamente più delicato.
Ero pienamente consapevole che sarei rimasto fermo diversi mesi e soprattutto con una grossa incognita: avrei
infatti vissuto tra speranza e incertezza, con il concreto rischio di realizzare che, alla fine dopo tanta fatica per
recuperare, le cose magari non erano andate per il verso giusto.
Finché non arrivò l'ora dell'intervento, che fortunatamente andò bene.
Svanito l'effetto dell'anestesia avevo solo voglia di urlare, strapparmi i capelli dal dolore che mi faceva contorcere
sul letto.
Durante il lungo viaggio di ritorno in treno, anche se il dolore era insopportabile e la febbre molto alta, avevo già in
mente che dovevo recuperare e dovevo farcela ma da solo.
Niente più protocolli riabilitativi o altro. Basta medici, basta fisioterapisti, basta tutto.
Dovevo solo ascoltare il mio corpo. E così è stato...
Dopo dieci giorni mi ero rimesso in piedi con le mie sole forze e dopo un mese e mezzo, mi stavo allacciando le
scarpe da corsa ai piedi.
Non mi sembrò neanche vero.. faticavo persino a crederci, ma c'era il dolore a tenermi in contatto con la realtà.
Era proprio tutto vero...
Mi isolai da tutto e tutti, lavoro, vita sociale... da solo, con me stesso. Fare esercizi, nutrirmi e riposare. Nient'altro.
Giornate intere trascorse a fare potenziamento, stretching, bici, nuoto, km e km di corsa.
Giorno dopo giorno, con costanza, pazienza e tanto sudore, tra dolori e fastidi di ogni sorta, arrivavano progressi
continui, le risposte che volevo.
Fin quando non ho realizzato di aver recuperato in pieno. Il peggio era finalmente passato, la fine di un brutto
incubo.
Mi ero imposto di farcela ad ogni costo, di non arretrare neanche di un millimetro di fronte alle difficoltà che sapevo
si sarebbero presentate ma anzi di avanzare costantemente.
Ogni giorno ottenere almeno un piccolo miglioramento.
Ecco.. migliorarmi sempre: questo è un concetto fondamentale che ho interiorizzato praticando.
Posso dire che ormai è un mio tratto distintivo, un mio credo di vita.
A volte è davvero pesante, difficile da mettere in atto, specie quando tutto e tutti sembrano accanirsi contro di te.
Sei pronto a cedere, a gettare la spugna dietro scuse e falsi pretesti per auto giustificarti...
Intanto stai lì a chiederti "Ma chi me la fa fare?", "Ma sì tanto poi.." o più semplicemente a dire "Basta, ci rinuncio".
Invece qualcosa dentro scatta, stringo i denti, serro i pugni e improvvisamente sento che in qualche modo il
traguardo è alla mia portata.
Finché non lo raggiungo.
Pian piano questo "meccanismo" mentale diventa qualcosa di proprio.
Qualcosa che viene messo in pratica anche nella vita quotidiana, nelle situazioni di tutti i giorni, le responsabilità
che si è chiamati ad affrontare e in particolare nei doveri da compiere.
Dalla pratica marziale ho imparato che abbattere i propri limiti, sfidandosi attimo dopo attimo, permette di entrare in
contatto con sé stessi, con il proprio io.
Da questo contatto ne deriva profonda consapevolezza di sè stessi, del proprio corpo.
Si diventa padroni di sé stessi.
Tutto improvvisamente ti appare sempre più chiaro e sai sempre cosa fare, ciò che vuoi.
Tante volte mi hanno chiesto, giustamente, cosa mi porta a percorrere questa strada, che guadagno c'è a conti fatti?
Capire dall'esterno è difficile: in effetti viene da chiederselo, è naturale. Perché praticare arti marziali?
Quale potrebbe essere lo scopo definitivo di praticare una disciplina marziale, specie ai giorni nostri?
Viviamo in una società, ormai, in cui basta procurarsi una stupida arma da fuoco per sopraffare chiunque e sentirsi onnipotenti.
Contro un'arma da fuoco non c'è arte marziale o combattente che tenga.
Se si è convinti di disarmare facilmente gente armata (anche di un "semplice" coltello) o di poter sempre uscire indenni da una qualsiasi
rissa/lite per strada, forse è meglio lasciar perdere.
Nella realtà avere certe convinzioni può risultare altamente pericoloso e dannoso, per non dire letale.
Guardarla dal punto di vista economico o spirituale la situazione non migliora, anzi. Non ci sono guadagni tali da giustificare la pratica, anzi.
Né tantomeno si acquisiscono capacità soprannaturali come molti ciarlatani del settore o i molti film d'azione vorrebbero far credere.
Presunte energie interiori, gente che vola, "tocchi della morte" o altro. Ma per favore!
Infine l'unica vera e valida motivazione, secondo me, è la conquista di se stessi, la possibilità di migliorare come persone.
Una sorta di "ego-building". Possiamo eliminare i nostri difetti caratteriali, le cattive abitudini, affrontare le nostre paure e debolezze.
Non ci sono trucchi, né inganni. Solo duro lavoro, fisico e mentale, perché l'esperienza è la via più diretta alla conoscenza, al vero sapere.
E' la via più breve, come lo sarà sempre una linea retta che unisce due punti.
Se si vuole imparare bene qualcosa, bisogna fare ripetutamente quella cosa, farla propria, interiorizzarla.
Un antico detto latino recita: "Facta, non verba". Niente di più esatto.
Difatti per apprendere una tecnica di combattimento è necessario eseguirla centinaia di volte, fino a quando non diventerà qualcosa
di naturale ed istintivo per il corpo.
Interiorizzarla, scremarla togliendo ciò che c'è di inutile e poi portarla all'estremo..
Attraverso una corretta pratica si acquisisce padronanza di sé stessi, del proprio corpo e della propria mente.
Fatta questa conquista, si può cercare di agire nel giusto modo.
Può diventare possibile persino cambiare radicalmente il nostro modo d'essere, che è qualcosa di molto difficile.
Ecco, credo sia questo il fine ultimo del praticare un'arte marziale: è solo una porta da attraversare.
Una volta varcata la soglia, se si ha coscienza e volontà, si può solo migliorare. Non solo come atleta ma soprattutto come persona.